Qui gestori di trattorie, dettaglianti, grossisti, titolari di negozi di quartiere che fanno arrivarevnelle grandi città prodotti di consumo della terra di origine. Là donne che portano in tavola piatti e sapori mai dimenticati, con un personalissimo ricettario che spesso mette assieme vecchie e nuove esperienze culinarie.
Botteghe, negozi, ristoranti ma anche minuscole cucine domestiche diventano una realtà attorno alla quale si snodano vicende private e si ricompone la vita sociale di una comunità. Questa straordinaria “rete” – fatta di esperienze e ricordi – è al centro del progetto La pasta in valigia: percorso storico-gastronomico sulle rotte dell’emigrazione piacentina, realizzato dal Comune di Piacenza con il contributo della Consulta degli emiliano romagnoli nel mondo, pubblicato all’interno del Museo Virtuale dell’emigrazione emiliano romagnola nel mondo https://www.migrer.org/mostre/la-pasta-in-valigia.
Il progetto, attraverso la raccolta di testimonianze e documenti conservati presso la biblioteca Passerini-Landi di Piacenza, ha voluto portare alla luce il ruolo storicamente rilevante avuto dagli emigrati emiliano romagnoli, e piacentini in particolare, nella diffusione della cultura e delle tradizioni enogastronomiche.
Nella Valigia si intrecciano storie di grandi esperienze imprenditoriali di ristorazione, ma anche tante storie familiari, soprattutto di donne che hanno voluto continuare a tramandare la grande tradizione della cucina italiana. Nella Valigia entrono ed escono pratiche, modelli e rituali alimentari che hanno trasformato cibi e prodotti in eccezionali forme di identità e di comunicazione. Ci sono figure come quelle di Pablo Guglieri che nel 1902 fonda la cittadina di Daireaux o di Francesco Sechi de Casali, promotore del primo giornale dedicato agli emigrati italiani ma anche fondatore, nell’ultimo Ottocento, della colonia agricola di Vineland nel New Jersey ove, dall’Emilia, arrivano numerose famiglie di agricoltori e diversi nuovi prodotti ortofrutticoli. E poi storie più recenti come quelle di Ettore Boiardi che in terra americana diviene il re della commercializzazione della pasta, di Piero Bellini e di Gianni Oddi che, da San Michele di Morfasso, portano rispettivamente a Londra e a New York, la loro abilità in cucina. E poi ancora la tavola comunitaria degli scaldini a Parigi, la straordinaria esperienza del giornalista Enio Concarotti a Caracas. È poi una storia di coraggio tutta al femminile quello che percorre le vicende di Angela Malvicini di Maio che, dalla sua Monte Osero di Bettola, appena diciottenne, raggiunge nel 1948 il Galles, ove molti emigrati emiliani aprono bar ed esercizi commerciali.
Oltre alle storie della vecchia e nuova emigrazione, nella Pasta in valigia sono presentati ricettari, studi, video che raccontano questo straordinario legame tra gli emigrati e la terra di origine. Non ultimo è proposta una galleria di cartoline d’epoca. Cartoline che, soprattutto nei primi decenni del Novecento, rivestono un’importante funzione conservativa e distintiva della memoria del territorio. Destinatari sono gli emigrati all’estero che in questo modo continuano a portare il proprio paese nel cuore e a ricevere notizie dalla famiglia e dalla comunità di appartenenza. Le cartoline sono dunque un mezzo per far sentire la propria vicinanza, ma anche, più avanti, per mostrare a figli e nipoti il paese di provenienza, avendo così la possibilità di raccontare anche “visivamente” le proprie origini.